martedì 14 giugno 2011

I sogni degli altri


Certo che fa un gran caldo, oggi, e se ci pensi pare quasi che l’estate sia un sogno che si avvera. Il sogno di qualcun altro però, di certo non il mio. Come dici? Perché? Perché io l’estate la odio, grossomodo. Sì, hai capito bene, grossomodo, amico mio: io non sono capace di provare odio profondo e totale. Mi lascio sempre uno spazio per altra roba, un po’ come quelli che si strafogano a cena ma si lasciano uno spazietto per il dolce. Di quelli che ti chiedi: spazietto? Ma dentro a quello stomaco cos’hai, un termovalorizzatore? Sì, ok, non cambio argomento, scusami. Cosa dicevamo? Del mio odio per l’estate: come fai, tu, a non odiare l’estate? Il caldo, in primis. Anzi no: il caldo di notte. Quando sei una trottola e le lenzuola sono panni umidi, come quelli che usa tua madre per pulire gli specchi. Come puoi non odiarli, quei panni umidi e bollenti mentre l’aria intorno a te frigge? Ma ammettiamo pure che tu ami il caldo, anche se non capisco come mai: hai presente quando d’inverno non senti ronzare mosche, zanzare, moscerini? Hai presente quando la bestia con le ali più grandi che vedi volare è una cazzo di pernice delle nevi? Io, quando la mattina d’estate mi sveglio e inizio a grattarmi, non provo odio: provo malinconia. Malinconia, mi manca l’inverno, mi manca il freddo, mi mancano le coperte ghiacce di marmo, quelle che devi scalciare e muovere le gambe per miglia e miglia prima che si facciano grossomodo tiepide. Io la odio l’estate, grossomodo, la odio perché la gente è grossomodo più felice e si sente grossomodo più libera di dire e pensare e fare. Ecco, un’altra cosa che a me non piace è la gente, anche se poi, grossomodo, quando ci sono in mezzo, in mezzo alla gente dico, mi pare quasi di amarla. Credo sia una sorta di attrazione repulsione, quella che si prova di fronte a una persona o a una canzone, hai presente?, ecco, io quello lo provo di fronte al genere umano. Ogni tanto mi chiedo cosa sognino le persone, sempre se sognano qualcosa. E mi pare di vedere sogni fatti di pane e colorati più o meno, grossomodo, degli stessi colori. Quando mi chiedono cosa ne penso dei sogni degli altri, quello che rispondo è che per fortuna non li saprò mai. Dopodiché, vado a far bolle di sapone in cui rinchiudere le parole sprecate del mondo.