mercoledì 29 aprile 2009

Men of Faith


Ognuno può fare quello che vuole. E su questo non ci piove. David Sassoli è liberissimo di candidarsi, o meglio, di essere candidato alle elezioni europee per il PD. Liberissimo. Capolista, poi: più che libero. Probabilmente è preparato e non stona. O comunque stona molto meno di altri.

Ognuno può fare quello che vuole, ci mancherebbe pure. Storicamente, la categoria "giornalisti" (un tempo si sarebbe potuto dire "intellettuali", parola in disuso per terminata attività probabilmente) ha sempre prestato importanti nomi alla politica. Senza scadere in seminari da due soldi, si potrebbe sostenere che il giornalismo italiano è di per sé politica. Ma questo discorso lo sanno anche i bambini dei manifesti dell'Udc, quindi lasciamo perdere.

Ognuno può fare quello che vuole, ma sinceramente, da giornalista (probabilmente da giornalista immaturo) credo che appiccicare la propria faccia a un simbolo di partito sia un errore. O meglio, una scelta, salvo il fatto che ognuno può fare quello che vuole, non condivisibile. E questa mia profondissima riflessione poggia sulla certezza che una scelta di questo tipo può, soprattutto nella società contemporanea, minare l'autorevolezza sia come politico, sia come giornalista. Sempre se a qualcuno gliene frega qualcosa di avere un'autorevolezza. Nondimeno, sempre se c'è qualcuno in grado di giudicare e definire qualcuno autorevole o meno.

Strumentalmente o no, facendo una scelta del genere, di "scendoincampiana" memoria, si rimette in discussione tutto ciò che si è fatto come giornalista fino a quel momento; ugualmente, si mette in discussione tutto ciò che si farà da quel momento in poi. Si presta il fianco, insomma, ad attacchi che con la politica non c'entrano nulla. E questo, in un Paese cristallino e intonso come il nostro, sarebbe sicuramente un vulnus inaccettabile.

Come successo con la Gruber, come successo con Vulpio, ora con Sassoli, si sente dire: "Visto? Quando si diceva che era una comunista, avevamo ragione noi!!!". E non sono scene belle. Anche perché, comunismo a parte, un po' c'hanno anche ragione. E dare ragione a uno come Gasparri è sicuramente una delle cose più brutte che può capitare nella vita.

Insomma, basta. Anche perché possono cadere miti. Riuscite ad immaginarvi, per esempio, se, che so, uno come Emilio Fede venisse candidato alle europee? Quanti sarebbero a dire, ingiustamente, che allora era vero, che era un po' berlusconiano?

Sia mai, e così sia.


lunedì 27 aprile 2009

Lasciate che i pargoli...



Menomale che sono finite le contestazioni e le manifestazioni comuniste, quasi fasciste, contro la giusta e decisamente ottima riforma Gelmini. Una riforma della scuola di cui nessuno, ma proprio nessuno, ci ha capito niente. Neanche la Gelmini stessa. Ma questa è un po' la caratteristica dell'attuale Governo: le cose si fanno. Non si capiscono, ma si fanno. Mica per nulla è il Governo del Fare. Sennò si sarebbe chiamato "Governo del Fare dopo aver Pensato".

Ma a parte questi risibili dettagli estetici, la cosa che più consola è che non vediamo più bambini biecamente strumentalizzati a fini propagandistici. Ci siamo scandalizzati tutti, perché abbiamo visto bambini in piazza con cartelli e striscioni; che schifo, che scandalo, ma come si può! I bambini, che ne sanno loro di una riforma di cui lo stesso ministro non ha capito niente?

Per fortuna, il problema non si pone più. Le contestazioni sono terminate, e i bambini, finalmente in salvo dalle strumentalizzazioni politiche comuniste infami, possono tornare a fare ciò che la loro età prevede, nei luoghi che la decenza pretende: i manifesti elettorali dell'UDC.


giovedì 23 aprile 2009

Cento di questi giorni


Quello che vedete in cima alla colonnina qui di fianco, a sinistra, e che certamente riconoscerete pur non avendo mai letto un libro o un giornale in vita vostra, è uno dei cosiddetti "padri nobili" del giornalismo italiano. Nella foto è insieme all'altro padre. Nobile pure lui. Poi dice che le coppie dello stesso non funzionano e non vanno riconosciute. Due padri maschi: la Chiesa direbbe che è per questo che il figlio, il giornalismo, non è uscito fuori tanto sano.

Leggo oggi su un quotidiano che durante l'apertura dei festeggiamenti per il centenario della nascita del grande Indro, a Fucecchio, sono state dette parole che, pur essendo parole di circostanza, io credo abbiano suscitato un gran mal di pancia al Grande Vecchio. Se per il ridere o per lo schifo, questo non lo so.

Leggo di Zavoli e del suo intervento così banale da risultare noioso. Un Montanelli non rinascerà, non ci sono più le ideologie. E che dire delle mezze stagioni. Ma va bene, insomma, quando si commemora ci sono cose che si devono dire. E poi Zavoli fa parte del circolo dei Grandi Vecchi, di coloro che ormai commentano se stessi.

Leggo di Mario Cervi, "uno dei grandi amici di Montanelli", che ne tesse elogi, ossequiosi ringraziamenti postumi. Caso vuole che Mario Cervi sia stato uno dei "traditori" nel momento più duro della lunga vita-carriera di Indro. Un tradimento professionale, ma soprattutto un accoltellamento tra due persone che fino a quel momento si rispettavano. Forse erano pure amici. Poi arrivò Berlusconi.

Montanelli fu costretto a lasciare il suo amato Giornale, esautorato prima da Feltri, quindi dal "grande amico" Mario Cervi che inizialmente l'aveva seguito alla Voce. Solo che poco dopo, vista la mala parata, il Cervi scelse di fare marcia indietro, assumere la direzione del Giornale, partecipare alle numerose campagne anti-Montanelli, "grande amico". Il Grande Vecchio, negli ultimi giorni della sua vita, in un'intervista a Cheli per Diario, si mostrò, una delle rarissime volte, non sarcastico, bensì umano, ferito: «Da Cervi, certe cose non me le sarei proprio aspettate». Che dire: è vero, di Montanelli non ne nascono più, oggi. Tutti Cervi. Oggi.

Leggo di Sorgi, l'onnipresente Sorgi, per cui può valere la famosa citazione pasoliniana: «Io non ho nessuna autorevolezza, salvo quella di non averne». Per lui, per Sorgi, vale solo la prima parte. Ed è per questo motivo, per questa imbarazzante assenza di autorevolezza derivante da imbarazzante nullità giornalistica, che il nostro Sorgi è uno dei giornalisti e "commentatori" politici più presenti in televisione. Il che è pure piuttosto naturale: visto il livello della politica, è giusto che sia Sorgi a commentarla.

«Ve lo immaginate un Montanelli oggi su internet?» chiede agli astanti. Magari pensa pure di essere arguto. Qualcuno lo dovrebbe avvertire, poveretto. Io comunque voglio rispondere alla sua domanda retorica priva di fondamento, e pure di ars: sinceramente sì, me lo immagino Indro su internet. Mi immagino La Voce on line, un sito visitato da centinaia di migliaia di persone. Mi immagino pure lui picchiettare al pc. E una rubrica, magari chiamata "ControRete": «Dopo aver visto Sorgi in tv, immaginarsi Montanelli sul web è una specie di sogno erotico».

Buon centesimo compleanno, Vecchio. Come dire. Non ragionam di loro, ma guardiamo e passiamo. La gente piccola non dovrebbe avere il diritto di parlare della gente grande. E la tua enormità è paragonabile solo al loro essere uomini piccoli piccoli senza vergogna alcuna.
Il destino delle leggende è quello di appartenere a tutti. Purtroppo.

giovedì 16 aprile 2009

Tra informare e allarmare, c'è di mezzo il Sismologo de Noantri


In mezzo alla marea di dichiarazioni di persone totalmente ignoranti in materia che si trovano a gestire la materia, una materia che purtroppo riguarda anche la vita (e la morte) delle persone, le uniche parole sensate che mi è capitato di sentire sono state quelle di un medico, di un neurochirurgo, intervistato ieri sera per il sempre ottimo Chi l'ha visto? della sempre ottima Federica Sciarelli.

Quest'uomo, che si è spezzato la schiena perché scappando dalla casa crollante non ha più trovato la rampa di scale, ha detto, con pazienza, con estrema calma, una cosa talmente lampante, semplice, addirittura banale se non logica, che mi sono dato una pacca sulla fronte. Stile: porca miseria, è vero!

Ha detto, più o meno: «Tutti ci hanno detto di stare tranquilli, di non allarmarci. Soprattutto i giornali e le tv, per cui questi sciami sismici erano normali. Dovevamo stare tranquilli perché è impossibile prevedere l'arrivo di un terremoto; ma se non si può predire che accada con certezza, non si può nemmeno dire che non accadrà con certezza. Dovrebbero smettere di trattarci come bambini idioti, e fare informazione per creare consapevolezza: non chiudere le porte a chiave, tenere una torcia e il cellulare a portata di mano, non lasciare le macchine nei box. Piccole accortezze che salvano la vita, non allarmismo».

La calma con cui ha detto tutto ciò, paragonando la situazione a quel "consenso informato" a cui il medico chirurgo è obbligato -giustamente- nei confronti del paziente. Mica lo allarma. Mica dice che morirà e che deve scappare. Lo tratta da paziente, adulto e in grado di capire che esiste un rischio di cui essere consapevoli. Un rischio in base a cui prendere decisioni.

Ecco. Queste parole dovrebbero essere chiare a tutti coloro che si riempiono la bocca in questi giorni. Al Silvio Pompiere e ora pure Sismologo de Noantri, per esempio, che hanno tutti elogiato, sondaggi compresi (sempre i suoi), elargitore di promesse nelle solite situazioni -sconcertante confrontare le parole post terremoto di San Giuliano di Puglia con quelle post terremoto de L'Aquila: UGUALI.

Oppure, ognuno dovrebbe sentire la responsabilità di conoscerle, queste parole. Perché salvarsi il culo è molto, molto più auspicabile che essere due volte vittima: prima della morte, poi della strumentalizzazione piagnonistica vespianberlusconiana.

martedì 14 aprile 2009

L'idiozia non è mai segreta


A parte gli aspetti tecnico-giuridici e le motivazioni costituzionali, c’è una questione politica che divide la Lega dal Pdl, quantomeno ad una parte del Pdl. Ne vogliamo parlare?
«Un attimo. Ci sono altri motivi che impediscono l’abbinamento. La segretezza del voto verrebbe meno. Se tu non hai intenzione di partecipare al referendum, non ti presenti al seggio. Ma se facciamo l’accorpamento, devi ritirare le schede per le Europee e le amministrative, e se non intendi votare per il referendum lo devi dire. Nel momento in cui fai questa dichiarazione al seggio, viene meno il segreto del voto. Questo è un ulteriore motivo di incostituzionalità [...]». (La Stampa di oggi, intervista di Amedeo La Mattina al ministro Calderoli)

Illuminante come sempre, il cosiddetto ministro Calderoli spiega e rilegge i principi costituzionali. Fatto, questo, che ci fa pure capire il motivo d'esistere, la ragion d'essere del suo Ministero: la Semplificazione legislativa.
Perché più semplificatorio di così non si può. Un giornalista avrebbe dovuto chiedere controbattere: "Scusi, signor ministro, ma cosa sta blaterando?". Perché questa è la funzione del giornalista. Non fare domande a caso e porgere il microfono (o il taccuino). Non nascondersi dietro una posticcia imparzialità. Non scrivere e poi lasciare che sia il lettore a capire dove stanno le stronzate e dove no.

Un giornalista non può permettere che un ministro, soprattutto un ministro, sostenga una nefandezza come questa. La segretezza del voto è inviolabile. Ma la segretezza riguarda il contenuto del voto: per un partito o per un altro, per un sì o per uno. Non l'andare a votare o meno. Se uno a votare ci va o no, lo si vede dal registro che ha ogni seggio elettorale e che viene fornito dal Ministero dell'Interno per tramite dell'anagrafe. Quel registro su cui si firma una volta votato.

Se venisse fatto come si spera l'election day, uno può tranquillamente andare e prendere solo le schede per le amministritive e le europee. In quei registri firmerà. Si può sottrarre al referendum, invece: in quel registro non firmerà. Ovviamente, la disquisizione padanofilosofica sulla segretezza del voto è un'emerita stronzata volontaria.

Il mestiere di giornalista teoricamente dovrebbe smascherarla e impedire che qualcuno la prenda per buona. Perché può capitare. Ce lo insegna la storia, e la stessa presenza del ministro Calderoli.

mercoledì 8 aprile 2009

Domande tra le macerie


Cordoglio, vicinanza e bla bla bla.

Poi, alcune riflessioni e domande, che non si dovrebbero fare perché ci sono i morti e bla bla bla. Io penso che invece dovrebbero essere fatte proprio perché ci sono i morti.

1) Perché un Governo che difende la "vita" degli embrioni e dei morti da 17 anni non si schiera con la stessa forza a difesa delle norme che tutelano la vita vera, dalle norme antisismiche in giù e anzi propone di ampliare le case con una semplice dichiarazione?

2) Perché il Governo non accetta aiuti esterni, comportamento che ricorda quell'autarchia di mussoliniana memoria?

3) Perché i cosiddetti "sciacalli" non vengono lapidati e lasciati tra le macerie?

4) Si è detto in questi giorni che i giornalisti non servono, perché sono stati battuti dai social network che hanno dato la notizia in modo tempestivo. Uno vede Porta a Porta o Matrix e pensa che se i giornalisti son quelli, bene che spariscano. Quando poi si legge che sempre su Facebook la gente lancia allarmi falsi, mette il proprio conto corrente come destinatario di donazioni, mette in circolo notizie false, forse allora si capisce che, e dico forse, i giornalisti servono ancora a qualcosa, e non solo a fare da reggimicrofono.

5) Perché il Papa aspetta che passi l'emergenza per andare in Abruzzo?

6) Perché sul 95% dei muri che sono rimasti in piedi ci sono quadri con madonne e gesù cristi e crocifissi?

7) Perché nessuno fa queste domande?

8) Perché nessuno risponde?

9) Perché come al solito nessuno ha una colpa se le case vengono giù come tessere del domino?

10) Fanculo.

domenica 5 aprile 2009

Frustrazione politica domenicale




Credo che quando tutto questo sarà finito, quando il Cavaliere sarà finalmente morto e noi tutti ci potremo svegliare e tornare a essere persone quasi normali, credo che quando questo avverrà ci guarderemo indietro e ci chiederemo come cazzo abbiamo fatto a farci fregare per tutti questi anni da un uomo così patetico.

Perché se la stampa in Italia facesse il suo mestiere, questa parola, questo aggettivo, questa connotazione dovrebbe essere quasi quotidiana, costante: patetico.

Un piccolo uomo, imbarazzante anche solo alla vista, non considerato da nessuno negli incontri internazionali che narra le sue leggende ai suoi sudditi ignoranti, che veleggia tra figure di merda che ci lanciano sul panorama mondiale come una sorta di pagliacci e poi minaccia i giornalisti perché "enfatizzano"; un uomo che si fa fotografare con la gente che conta, come facevo io da piccino con Antognoni o Piero Pelù.

I giornali di ogni altro paese del mondo raccontano in modo imparziale, anglosassone, quello che i propri inviati e cronisti vedono: che Berlusconi è un patetico giullare che non conta nulla, e si chiedono come può essere possibile che noi italiani si sia così coglioni.

Infatti. Ma com'è possibile?

Un uomo patetico al comando per anni e anni, con l'appoggio della mafia e della P2 e il controllo dell'informazione, che ha ridicolizzato e isolato ogni suo oppositore; che mentre la Sinistra non esiste vive infondendo paure di derive comuniste; che ha ricevuto l'applauso di milioni di persone con il borsello sempre più vuoto e la pancia sempre meno piena. Ma com'è possibile?

Da simil-uomini del genere ci si libera solo in un modo: con la morte. La speranza è che la Nera Signora giunga in fretta, più in fretta di quanto ci impegneremmo noi a renderci conto di ciò che stiamo combinando a noi stessi.


*Aggiornamento*
Dopo aver sentito Fede muovere critiche ai giornalisti
per una discutibile deontologia, perché mossi, dice, da ideologia,
non resta che sperare che la Nera Signora passi pure da quelle parti.