mercoledì 7 dicembre 2011

Imago odoris

C'è una storia che mi gira in testa, ogni sera, anzi, ogni notte. E' come se tirare su coperte e lenzuola fosse un po' voltare la copertina di un libro che esiste solo nella mia testa. E non parlo di qualcosa come una sinossi, non parlo di un riassunto. Al limite, posso avere una quarta di coperta nascosta da qualche parte, quello sì. Ma non mi è mai piaciuto leggere le quarte: sono spot, e, come tali, ingannevoli. Non sono mai riuscito a leggere una quarta prima di iniziare un libro. Mi piace leggerle dopo, alla fine, dopo l'ultima pagina. Per poi giudicarle, per l'appunto, sciocche. Ingannevoli. Anche le introduzioni le leggo dopo.
Tiro su le lenzuola, chiudo gli occhi e quello che mi appare in testa è un romanzo, una storia, di cui non conosco il canovaccio; non conosco la trama, non conosco quello che si vuol dire senza dire. Vedo frasi e vedo sensi. Ieri sera, per esempio, ho pensato che la differenza tra ciò che viviamo davvero e ciò che televiviamo sta tutta nell'odore. Prendi un massacro in Africa, per esempio, un'epidemia; prendi quei bambini e le loro mosche che razzolano intorno ai corpi, agli ossicini, a quegli occhi gialli. Li vedi e ormai ti sembrano bambolotti, ti sembrano cartoni animati. Prendi un morto ammazzato, prendi un'alluvione, prendi una frana. Prendi quello che ti pare, anche una bella donna, una modella. La differenza sta nell'odore. Non senti l'odore del bambino africano e del sudicio in cui vive; non senti l'odore del fango nelle strade; non senti l'odore del sangue e della merda. Ecco perché siamo così disabituati alla vita. Viviamo d'immagini, di bit. E quando ci troviamo di fronte agli odori, ci rendiamo conto che, alla fine dei conti, il mondo sa ancora sorprenderci, terrorizzarci.
Una riflessione di questo tipo, be', a me piacerebbe leggerla in un libro. Forse qualcuno l'ha già pensata. Forse no.
Quando tiro su le coperte e accarezzo la mia donna che intanto inizia a respirare più profondamente, vedo il mio prossimo libro che, per adesso, è solo lì, sul ciglio della notte. In attesa. E' come un bambino, un nascituro. Uno che se ne sta lì, non in pancia ma in testa.
Lo vedo e non riesco a prendere sonno. Per qualche momento, almeno, avrei voglia di alzarmi e scrivere. Ma la stanchezza della giornata, i pensieri, la vita, la distopica quotidianità verso chissà dove è come una mano che ti spinge giù e che non ti permette di fare un cazzo di nulla. Poco male, pensi, c'è sempre domani per tornare a picchiettare sui tasti di un pc, o per prendere una penna e scrivere su un quaderno, come quando avevi qualche anno in meno e non avevi idea che ti saresti trovato in una situazione come questa. Quando eri più piccolo, ti ricordi?, l'unica cosa che avevi in mente era crescere. Senza sapere cosa voleva dire. Senza sapere un cazzo di nulla. Prendevi la rincorsa ma non avevi idea del salto che avresti fatto.
E poi ci sono volte in cui volti pagina, tra le lenzuola, e quello che ti trovi davanti è semplice, puro, sacro terrore. Terrore, già. Se tu fossi una formica, o un koala, un panda, una goccia d'acqua o di pioggia, accetteresti il tuo destino. Non avresti nemmeno dentro di te il concetto di destino. Forse, non avresti in testa nemmeno il concetto di vita. Vivresti e basta. Un secondo, un'ora, un secolo: poco importa. Sopravvivenza pura e dura senza tante seghe mentali. La casa, la bolletta, la morte che arriva a passi felpati. La tua, quella delle persone a cui vuoi bene che ora ci sono e che poi non ci saranno più. Come sarà, dopo? Come sarà quando sarai da solo? Odori. Non riesci a legare i tuoi pensieri agli odori. Senti la paura che potrebbe strozzarti come un assassino silenzioso e subdolo. E' allora che ti trasformi, che pensi che sì, cazzo, anch'io posso essere una formica, un panda, un cazzo di goccia d'acqua che cadecadecade e poi diventa terra, o asfalto, o erba. Anche tu stai cadendo, stai precipitando, ma a differenza delle gocce tu hai tutto il tempo di bestemmiare e di pensare al futuro. Vuoi un figlio ma come si fa? Vuoi una casa, ma come si fa? Vuoi essere felice e proteggere gli altri dalle tempeste di sabbia. Vuoi. Ma come si fa?
Ti addormenti dopo un bel po'. Per quel bel po' ti giri e rigiri nel letto, stando ben attento a non far troppo rumore. Il problema è che ti addormenti, poi, e che quando ti svegli ti ricordi poco di quel libro.
Quello che ti ricordi è che in copertina c'è un'immagine degli odori.

martedì 14 giugno 2011

I sogni degli altri


Certo che fa un gran caldo, oggi, e se ci pensi pare quasi che l’estate sia un sogno che si avvera. Il sogno di qualcun altro però, di certo non il mio. Come dici? Perché? Perché io l’estate la odio, grossomodo. Sì, hai capito bene, grossomodo, amico mio: io non sono capace di provare odio profondo e totale. Mi lascio sempre uno spazio per altra roba, un po’ come quelli che si strafogano a cena ma si lasciano uno spazietto per il dolce. Di quelli che ti chiedi: spazietto? Ma dentro a quello stomaco cos’hai, un termovalorizzatore? Sì, ok, non cambio argomento, scusami. Cosa dicevamo? Del mio odio per l’estate: come fai, tu, a non odiare l’estate? Il caldo, in primis. Anzi no: il caldo di notte. Quando sei una trottola e le lenzuola sono panni umidi, come quelli che usa tua madre per pulire gli specchi. Come puoi non odiarli, quei panni umidi e bollenti mentre l’aria intorno a te frigge? Ma ammettiamo pure che tu ami il caldo, anche se non capisco come mai: hai presente quando d’inverno non senti ronzare mosche, zanzare, moscerini? Hai presente quando la bestia con le ali più grandi che vedi volare è una cazzo di pernice delle nevi? Io, quando la mattina d’estate mi sveglio e inizio a grattarmi, non provo odio: provo malinconia. Malinconia, mi manca l’inverno, mi manca il freddo, mi mancano le coperte ghiacce di marmo, quelle che devi scalciare e muovere le gambe per miglia e miglia prima che si facciano grossomodo tiepide. Io la odio l’estate, grossomodo, la odio perché la gente è grossomodo più felice e si sente grossomodo più libera di dire e pensare e fare. Ecco, un’altra cosa che a me non piace è la gente, anche se poi, grossomodo, quando ci sono in mezzo, in mezzo alla gente dico, mi pare quasi di amarla. Credo sia una sorta di attrazione repulsione, quella che si prova di fronte a una persona o a una canzone, hai presente?, ecco, io quello lo provo di fronte al genere umano. Ogni tanto mi chiedo cosa sognino le persone, sempre se sognano qualcosa. E mi pare di vedere sogni fatti di pane e colorati più o meno, grossomodo, degli stessi colori. Quando mi chiedono cosa ne penso dei sogni degli altri, quello che rispondo è che per fortuna non li saprò mai. Dopodiché, vado a far bolle di sapone in cui rinchiudere le parole sprecate del mondo.


mercoledì 11 maggio 2011

Preghiera


Che vuoi scrivere, che vuoi pensare, che il presidente del consiglio non fa un cazzo per te perché occupato a farsi i cazzi suoi, ad andare a vedere le partite, a fare show da cabaret che non farebbero ridere neanche una cazzo di iena, a infamare qua e là? Vuoi dire che ti aspetteresti che almeno una volta, non tutti i giorni, ma una volta sola parlasse di te che hai 30 anni e non hai un lavoro, non hai un quattrino? Vorresti che parlasse di te e del tuo futuro inesistente invece di ridere delle sue stesse barzellette di merda, di parlare di troie di sedici anni, di magistrati e cancri? Non pensi che sia il caso di lasciar perdere tutto, mandare tutti a fanculo? Tutta questa gentaglia inutile. Tutta questa gentaglia inopportuna. Queste gente senza faccia, senza palle, senza. Tutta gente senza. Gente che nega il tuo diritto, che nega l’evidenza: gente che sogni di prendere a cazzotti in faccia fino allo scricchiolio finale di qualche ossa vitale. Cosa vorresti, tu? Gente che si trincera dietro un simbolo, dietro un titolo, dietro una colonna: gente che non merita di essere dove sta. Cioè, sul pianeta terra. No, caro mio, il tuo pacifismo cacciatelo in culo. Io, per quello che mi riguarda, mi sono rotto le palle del tuo pacifismo. Io voglio vedere questa gente pagare e soffrire. Ecco quello che voglio io. E tu, cosa vuoi? Tu e il tuo cazzo di Marthin Luther King, tu e il tuo cazzo di Gandhi, tu e la tua cazzo di bandiera dai mille colori. Tu e il tuo fottuto articolo 11. Tu e il tuo salviamo il pianeta, salviamo i bambini, salviamo le balene, i panda, la torre di Pisa. No, amico mio, ti sbagli. Gesù Cristo cacciò i mercanti dal tempio a calci in culo, non gli mandò un invito scritto, non pregò per loro. Forse dopo. Forse, se rimane tempo, dopo.


lunedì 18 aprile 2011

BERLUSCONI È UN CAZZARO


Dopo le ennesime uscite di Berlusconi, che ormai fanno veramente pensare a un vecchio in preda a demenza senile, ho pensato ai giornalisti spagnoli che hanno alzato le chiappe e se ne sono andati davanti all’arroganza di Mourinho. Io non dico che i giornalisti italiani debbano fare lo stesso davanti a Berlusconi, anche perché l’80% sono suoi dipendenti. Ma i giornalisti non voglio dire “liberi”, ma quantomeno “normali”, così come i politici dell’opposizione, e i sindacati, e i giudici, insomma tutti coloro che lo osteggiano dovrebbero adottare una strategia di comunicazione molto più incisiva (che qui riporto, sperando che qualcuno legga).


Basta alle polemiche e alle discussioni sulle minchiate che spara quel demente ogni giorno, palle talmente evidenti che sono surreali. Basta alle interviste e all’indignazione; sì, invece, alle pura, semplice, meravigliosa DERISIONE.


In sostanza, di fronte alle cazzate del vecchio, titoli e interviste dovrebbero iniziare e concludersi con tre semplici parole (che rappresentano alla perfezione la realtà):


BERLUSCONI È UN CAZZARO.


Fine.


lunedì 14 marzo 2011

GIURO


Stavo ascoltando ieri Travaglio su Current, in una delle sue disquisizioni sullo stato dell'arte del nostro decadente paese. Già qualche anno fa avevo pensato a qualcosa del genere, non mi ricordo per quale spunto. Comunque, è impressionante confrontare il "Piano di rinascita democratica" di Licio Gelli e le cosiddette riforme, legali o meno, mascherate o meno, realizzate o meno, che ci troviamo di fronte. Frammentazione dei sindacati; svuotamento della Rai come servizio pubblico; separazione delle carriere di magistrati e pm. Sembra uno scherzo, e invece, come si dice, è la dura realtà. Passo dopo passo, ogni singolo punto programmatico di Licio Gelli e delle ombre intorno a lui sta diventando regola. L'unica differenza, ed è il paradosso che più sconforta, è che Gelli manovrava "in segreto", se così si può dire. Oggi, invece, no. Oggi non c'è bisogno di oscurità. Anzi: la luce su questi fatti è così immensa da accecare. Sarà per questo che tutto ci scivola tra le dita e nessuno di noi pare avere la forza, o la volontà, di stringere i pugni?

Sarà per questa sensazione di impotenza che stanotte ho fatto un sogno. Uno di quei sogni che ti lasciano la testa piena di dubbi quando ti svegli. Ero stato invitato ad una trasmissione televisiva in quanto scrittore, per parlare del mio libro ma non solo. Insomma, rivestivo già un ruolo da opinion leader, da intellettuale. Uno di quelli il cui parere conta. Un po' come Alba Parietti o Rossano Rubicondi, per dire. Insomma, si stava parlando della situazione attuale, politica, sociale, economica dell'Italia. Quando è stato il mio turno, ho detto che, semplicemente, dovremmo prendere i fucili e ammazzare diversa gente. Scandalo in studio, perché queste cose non si possono dire. A meno che tu non sia un leghista, no; loro queste cose le possono dire, tanto lo fanno così, per ridere. Hai voglia a pensare: ridere un cazzo. Le cose stanno così. Comunquesia, sono stato espulso dallo studio e non appena ho aperto gli occhi, ho pensato: porca puttana, mi sono giocato la carriera come quelli che hanno bestemmiato in televisione. Poi, dopo quell'agrodolce tipico dondolio tra sogno e realtà, mi sono ricordato che era solo un sogno.

Perché le fucilate non sono la risposta.
No, no, non sono la risposta, ci mancherebbe.
No, davvero dico.
Davvero davvero.

Giuro.


giovedì 10 marzo 2011

Silent Revolution


Se c'è una cosa che non mi torna, anche se sono molte le questioni che non mi tornano, è perché si abusi così impunemente delle parole. Se c'è una riforma da fare, questa è senz'altro la riforma dell'uso delle parole. Ci sono persone a cui dovrebbe essere montato un limitatore, visto che il loro senso del pudore è proporzionale alla loro faccia da culo. Forse, e dico forse, sarebbe sufficiente che gli ascoltatori smettessero di ascoltare. Questa sì che sarebbe una bella rivoluzione. Una rivoluzione silenziosa degna e verace. Anche perché, ci sono parole che vengono accreditate pur non potendo vantare alcun diritto di accredito barra credito. Giornali che vengono letti da, che so, mille persone?, che vengono presi a modello e a bussola per l'agenda non politica, ma della nostra vita. Della mia vita. E questo, credetemi, almeno a me, fa girare veramente tanto le palle.

mercoledì 9 marzo 2011

E' GIA' SERA - venerdì 11 marzo, ore 21 - SMS Peretola

COSPE, SMS DI PERETOLA e
LABORATORIO PERMANENTE PER LA PACE DEL QUARTIERE 5 DI FIRENZE

PRESENTANO

LETTURE DI MUTUO SOCCORSO
venerdì 11 marzo, ore 21
Spazio Lettura del Circolo SMS di Peretola
via Pratese, 48 - Firenze

E' GIA' SERA
Di Gianni Somigli


Conversazione con l'autore
e con Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'associazione tra le vittime
della strage di via dei Georgofili.

VENERDI' 11 MARZO - ORE 21SMS DI PERETOLA
VIA PRATESE 48 - FIRENZE

venerdì 11 febbraio 2011

Io non ci credo


Certe volte mi chiedo come sia possibile. No, davvero, dai. Ragazzi. Come. Cazzo. Può. Essere. Vero. Mi sembra tutto un giochino, con un vecchio bavoso e culo flaccido che disgraziatamente è presidente del consiglio che spara minchiate continuamente. Ogni. Cazzo. Di. Volta. Che. Apre. Bocca. Sembra un giochino, ma se uno ci si impegna, secondo me non ce la fa a reggere il ritmo. Oltre che iniezioni per farselo venire duro e scopare (anche se io non ci credo) puttanelle che poi lo infamano alle spalle, secondo me gli fanno anche siringoni per sparare minchiate a raffica. Anche se poi sono sempre le stesse frasi, le stesse parole, come mantra tibetani da dare in pasto a quella che una volta si chiamava "opinione pubblica". Opinione? Ma opinione di che?
Posso capire i parlamentari che vanno in televisione a riprendere le parole del boss, ossessivamente, sempre, ogni minuto, ogni secondo. Perché se affonda lui, affondano tutti. Il Pdl è come il Titanic, ora. Non ci sono scialuppe. Ma no, io non penso proprio che anche solo uno dei vari cicchitti, capezzoni, lupi e cazzi vari possa credere davvero in quello che dice.
Alla fine posso capire, anche se non posso né condividere né giustificare, il comportamento di alcuni sedicenti "giornalisti" come Ferrara, Sallusti, Feltri, Sechi, Bechis, Porro, Belpietro e tutto il resto della banda. No, non sono giornalisti. Sono "comunicatori" che usano i giornali e le tv per propagandare idee di parte in modo subdolo. Perché l'Ordine a cui anche io appartengo non muove un dito? Perché? Qui la libertà non c'entra un cazzo, signori miei. Qui è una truffa, una bufala che porta tutta la nostra categoria a fare in culo.
Quello che però proprio non capisco è chi sostiene tutta questa banda di ladri senza avere un tornaconto diretto e personale. Quella gente che va a manifestare davanti al Palazzo di Giustizia a Milano (poi magari si scoprirà che sono i cingalesi pagati da Scilipoti...). Davvero pensano che sia tutto vero? No, dai, davvero? Ma com'è possibile?
Io non ci credo.
No, dai, davvero.
Non è possibile.
Io non ci credo.


giovedì 3 febbraio 2011

Sono in tv!


Anzi no, alla radio: domattina verso le 7,45 intervengo in diretta su Radio Città Futura (Roma) insieme a Nando Dalla Chiesa per parlare di Mafia e del mio libro E' già sera. Ascoltatemi!

www.radiocittafutura.it



martedì 1 febbraio 2011

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"Sai qual è il problema" mi disse, cercando di trattenere le lacrime ma non riuscendo a capire se quelle gocce fossero mie o fossero sue, tanto eravamo vicini.
"In questo momento, il singolare non mi pare...".
"Lo so che ne abbiamo tanti. Ma quello più grosso, dico".
"No. Dimmelo".
Cercavo di mantenere un tono dignitoso della voce, mascherando eventuali smagliature con colpetti di tosse imbarazzati.
"Il problema più grosso è che pensavamo di avere ragione".
"Già", rispondo. Ma non mi convince del tutto il suo discorso. Non foss'altro per il fatto che io, a dirla tutta, non ero poi così certo all'inizio. Di avere ragione, dico. Non ne ero per nulla sicuro. Mi sono fatto convincere, ecco. Questo è stato sempre, da sempre, un bel guaio per me. Soprattutto quando ti trovi chiuso in una stanza, indeciso, alla fine di tutto. Manca solo l'ultima parola, l'ultimo gesto, ma l'epilogo non credo ormai cambierà. Abbiamo perso, tutto qui. Quando si gioca, si vince, si perde, in certi casi si può pure pareggiare ma no, non in questo caso. In questo caso il pareggio non è previsto e per noi due dietro a quella porta chiusa non c'è più il mondo. Dovevamo saperlo. Anzi, lo dovevo sapere. Invece mi sono fatto convincere, e per un certo periodo ci ho creduto veramente.
"Forse" riprendo, "non tutto è deciso".
"Non tutto è deciso. Ma tutto è finito"."E pensare che ci eravamo andati così vicini".
Non posso fare a meno di pensare a quando siamo scesi in piazza. Stavamo strillando come aquile impazzite. Bruciavamo immagini come se servisse ad esorcizzare i fantasmi, i nostri. Quelli che ci assillano da sempre. Quelli che bruciamo perché non bruciamo noi stessi. Qualche volta.
"Avevamo sbagliato qualche calcolo".
"Già".
"E lui?".
"E lui resta lì".
"Lì dove?".
"Lì dov'è sempre stato. In televisione, al governo, sui giornali. Ovunque".
"E noi, invece?".
"Anche noi restiamo dove siamo sempre stati".
Noi siamo nel nulla, cerchiamo il nulla, vaghiamo, senza vento, senza angoli, senza occhi.
E lui lì. In televisione, al governo, sui giornali. Dovunque.

giovedì 20 gennaio 2011

Dopo, che succede?


Ieri non ci capivo nulla. Oggi ho fatto un passo avanti, ed ho capito qualcosa sul motivo per cui non ci capisco nulla.

Come tutti noi, e forse un po' più di tutti noi, sono cresciuto in una società la cui agenda politica, sociale, sociologica etc. è fatta dalla televisione. "Dalla", ovviamente, significa "attraverso la". Le strategie di comunicazione politica negli ultimi anni, con Maschera di Cera al governo ma anche all'opposizione, si sono plasmate su logiche di marketing ecc. ecc.

Quello che manca in questi giorni di baraonda totale, e che avverto, è la mancanza di comunicazione. Solo dopo due giorni la BB, Banda Berlusca, ha cominciato ad infestare gli schermi televisivi con gli ossessivi mantra "Procura eversiva", "Accanimento giudiziario", "Millemilioni di processi", fino a fiori del male tipo: "Le intercettazioni devono rispettare la privacy", con una chiosa in stile graziealcazzo.

Ma sono le logiche del marketing a governare e soprattutto a governarci. E le logiche del marketing si fondano sì sui messaggi riconoscibili, identificabili ecc. Ma alla base c'è un ricambio. Cambiano i testimonial, cambiano i ritmi, i messaggi restano uguali, o almeno simili. Le pubblicità della Barilla, ad esempio, cambiano e cambiano, ma rimangono sempre uguali a se stesse. E così, per fare un altro esempio, il Calgon, che prima era Calfort, ma che nessuno ci ha fatto caso perché ciò che resta in testa è il motivetto.

Insomma, dallo scandalo Troiagate al momento dell'invasione di Maschere sono passati un paio di giorni ad ordine sparso. Ed è per quello che sono stato disorientato. Mi mancava la Santanché che difendeva l'onore di Berlusconi dopo averlo infamato a morte esattamente per le accuse che gli vengono attualmente mosse non più tardi di un paio di anni fa. Si vede che ha cambiato idea, la Santaicchè, insieme alla bocca e agli zigomi. Non ci vuole molto, ed in entrambi i casi basta pagare.

Mi mancava Cicchitto, pidduista, parlare di eversione, mi mancava Capezzone, mi mancava Lupi, mi mancavano tutti. Ora, per fortuna, sono tornati e rendono le mie serate più tranquille, serene, pacate. La barra è tornata in mano al timoniere, che finora, si vede, nel pugno serrava qualcos'altro, qualcosa di avvizzito forse.

Tanto per dire: si parla, si parla, ma chi davvero si è soffermato a pensare anche a solo una delle scene che sembrerebbero uscire dalle indagini? Chi si è soffermato a pensare a un vecchio con il corpo da vecchio, senza trucco senza inganno, circondato da minorenni, ventenni, trentenni, tutte caratterizzate solo da bocche siliconate e tette rifatte, da volgari vestiti e travestimenti da infermiera hot. Chi ha il coraggio di pensare a quello che succede lì, con il vecchio che guarda due lesbiche leccarsi, e l'ottantenne giornalista Fede-le come un cane che lo vuol fregare alle spalle, e dove sta la dignità di tutte queste arriviste cortigiane pronte a tutto, e dove sta la dignità di medici che vanno in tv a garantire l'immortalità di un vecchio impotente, dove sta la dignità di chi sa e non parla. Tutto è in vendita, certo. Tutto ha un prezzo, ok.

Ma la domanda è: cosa c'è alla fine di questo avvitamento mortale?
E' come se fumassimo una canna da venti anni, ed ora stessimo provando a succhiare il filtro.

Dopo.

Dopo, che succede?


mercoledì 19 gennaio 2011

Punto, e a capo


Io non ci capisco più nulla. Sono un paio di giorni che cerco qualcosa di intelligente non solo da scrivere o da dire, ma perfino da pensare. Questa storia che non è una storia, questo racconto che sa tanto di già sentito, già letto, già raccontato. Questa triste blasfemia dell'innocenza perduta, tutti questi cavalieri senza macchia che si ergono a difesa ed all'attacco. Io, invece, non ci capisco nulla. Il mio odio verso il primo ministro prevalica queste faccende, che però, mi rendo conto, possono essere veramente le uniche palle di cannone per buttarlo giù dalla torre. Dove andremo a finire, dove finiremo, dove mai stiamo andando e dove andremo a finire. Leggo le maggiori firme scatenarsi in ovvietà impacchettate e imbellettate. Come se ci fosse da disquisire. Come se ci fosse da analizzare. Un puttaniere è un puttaniere, e le puttane sono puttane. Cambia loro nome, ma i personaggi in gioco questi sono. Ciò che mi sconvolge è che un primo ministro possa cadere dal suo trono e il suo regno sbriciolarsi per una serie angosciante di fatti, eventi, bocche siliconate, tette rifatte. Non per mafia, non per latrocini vari, non per tutto ciò. No. Di questo, in questo paese, non è dovuto parlare. Perché di questo, in questo paese, non importa nulla a nessuno. Ciò che conta è ciò che non si potrebbe ma. Ciò che distruggerà Silvio Berlusconi sarà ciò che conta meno. Le piccolezze. I dettagli. E quando la barca starà affondando, chi rimarrà a lucidare le maniglie del Titanic? Solo allora potremo parlare di sconfitta. Quando le maschere avranno cambiato casacca. Ed avranno lasciato posto al prossimo. E saremo punto, e a capo.


mercoledì 12 gennaio 2011

E' già sera - L'articolo di Mario Spezi sul Corriere


Grazie a Mario Spezi per il magnifico articolo sul mio libro E' già sera, pubblicato lo scorso 4 gennaio sul Corriere della Sera - Corriere fiorentino. Lo potete trovare e leggere qui.