Quello che vedete in cima alla colonnina qui di fianco, a sinistra, e che certamente riconoscerete pur non avendo mai letto un libro o un giornale in vita vostra, è uno dei cosiddetti "padri nobili" del giornalismo italiano. Nella foto è insieme all'altro padre. Nobile pure lui. Poi dice che le coppie dello stesso non funzionano e non vanno riconosciute. Due padri maschi: la Chiesa direbbe che è per questo che il figlio, il giornalismo, non è uscito fuori tanto sano.
Leggo oggi su un quotidiano che durante l'apertura dei festeggiamenti per il centenario della nascita del grande Indro, a Fucecchio, sono state dette parole che, pur essendo parole di circostanza, io credo abbiano suscitato un gran mal di pancia al Grande Vecchio. Se per il ridere o per lo schifo, questo non lo so.
Leggo di Zavoli e del suo intervento così banale da risultare noioso. Un Montanelli non rinascerà, non ci sono più le ideologie. E che dire delle mezze stagioni. Ma va bene, insomma, quando si commemora ci sono cose che si devono dire. E poi Zavoli fa parte del circolo dei Grandi Vecchi, di coloro che ormai commentano se stessi.
Leggo di Mario Cervi, "uno dei grandi amici di Montanelli", che ne tesse elogi, ossequiosi ringraziamenti postumi. Caso vuole che Mario Cervi sia stato uno dei "traditori" nel momento più duro della lunga vita-carriera di Indro. Un tradimento professionale, ma soprattutto un accoltellamento tra due persone che fino a quel momento si rispettavano. Forse erano pure amici. Poi arrivò Berlusconi.
Montanelli fu costretto a lasciare il suo amato Giornale, esautorato prima da Feltri, quindi dal "grande amico" Mario Cervi che inizialmente l'aveva seguito alla Voce. Solo che poco dopo, vista la mala parata, il Cervi scelse di fare marcia indietro, assumere la direzione del Giornale, partecipare alle numerose campagne anti-Montanelli, "grande amico". Il Grande Vecchio, negli ultimi giorni della sua vita, in un'intervista a Cheli per Diario, si mostrò, una delle rarissime volte, non sarcastico, bensì umano, ferito: «Da Cervi, certe cose non me le sarei proprio aspettate». Che dire: è vero, di Montanelli non ne nascono più, oggi. Tutti Cervi. Oggi.
Leggo di Sorgi, l'onnipresente Sorgi, per cui può valere la famosa citazione pasoliniana: «Io non ho nessuna autorevolezza, salvo quella di non averne». Per lui, per Sorgi, vale solo la prima parte. Ed è per questo motivo, per questa imbarazzante assenza di autorevolezza derivante da imbarazzante nullità giornalistica, che il nostro Sorgi è uno dei giornalisti e "commentatori" politici più presenti in televisione. Il che è pure piuttosto naturale: visto il livello della politica, è giusto che sia Sorgi a commentarla.
«Ve lo immaginate un Montanelli oggi su internet?» chiede agli astanti. Magari pensa pure di essere arguto. Qualcuno lo dovrebbe avvertire, poveretto. Io comunque voglio rispondere alla sua domanda retorica priva di fondamento, e pure di ars: sinceramente sì, me lo immagino Indro su internet. Mi immagino La Voce on line, un sito visitato da centinaia di migliaia di persone. Mi immagino pure lui picchiettare al pc. E una rubrica, magari chiamata "ControRete": «Dopo aver visto Sorgi in tv, immaginarsi Montanelli sul web è una specie di sogno erotico».
Buon centesimo compleanno, Vecchio. Come dire. Non ragionam di loro, ma guardiamo e passiamo. La gente piccola non dovrebbe avere il diritto di parlare della gente grande. E la tua enormità è paragonabile solo al loro essere uomini piccoli piccoli senza vergogna alcuna.
Il destino delle leggende è quello di appartenere a tutti. Purtroppo.