Non sono mai stato un tipo particolarmente curioso. Il che non è certo un bene per uno che fa, o vorrebbe fare, il giornalista. Forse. Diciamo che ho una soglia di incuriosimento abbastanza alta. Generalmente, le banalità mi annoiano in un batter d'occhio. Stimo molto ma anche no quelli che si autodefiniscono "curiosi da morire" su qualsiasi cosa accada nel mondo, anche la più misera. Li stimo ma anche no perché, a esser sinceri, credo che su questo aspetto si calchi un po' la mano. Come dire: ehi, sono curioso, guardami, sono curioso quindi sono intelligentissimo. Ecco, io no, io non solo non mi fingo curioso ma nemmeno lo sono in generale.
Però ci sono cose che non solo mi rendono curioso. Ci sono cose che suscitano in me quasi una misteriosa, atavica attrazione; un'inesplicabile passione; una normale curiosità. Per esempio, non capirò mai come possano volare gli aerei. Ho letto e studiato, riletto e ristudiato. Ma per me, rimane una magia al pari del volo degli elicotteri. Che forse è pure peggio.
Esistono poi due misteri a cui non ho mai saputo dare una risposta e che, quando mi ci imbatto, resto a bocca aperta, curiosissimo, indagatorio, immaginifico.
Uno.
Come fanno a montare i tralicci dove passa l'alta tensione?
Due.
Di chi sono quelle scarpe perse sulla carreggiata della strada?
Ecco, questi sì che sono quesiti che mi tolgono il sonno. Giuro. Ogni volta che passo davanti a un palone di quelli, o ogni volta che in macchina vedo sul lato dell'autostrada una scarpa da ginnastica, mi pigliano gli angosciosi dubbi sul mondo.
Stamani, per la prima volta, ho visto degli operai costruire uno di quei tralicci enormi e giganteschi. Erano in due che ciondolavano nel vuoto, a credo una ventina di metri d'altezza. Una gru li riforniva di giganteschi pezzi di acciaio, o ferro, e loro li dovevano inserire in quelli già eretti. Sembravano due bimbi che si baloccano con il Lego. E pure io sembravo un bambino, con la bocca aperta, in autostrada, a guardare quella moderna torre d'avorio che ci porta le lampadine accese in casa.
Ed è qui che subentra un nuovo mistero: com'è possibile, ma come fanno a tirare da una torre all'altra, che distano centinaia di metri, i fili dell'alta tensione? Li caricano su una e li portano all'altra con un elicottero?
Maledetta tecnologia.
Maledetta soglia di incuriosimento.
Il mistero delle scarpe sull'asfalto, invece, resta integro. Non so darmi nessun tipo, ma proprio nessuno, di spiegazione. Come si fa a perdere una scarpa, sempre e solo una, in autostrada?
O si butta o ci casca, da qui non si scappa. Ma perché buttare una scarpa dalla macchina in corsa? Perché mai uno dovrebbe farlo?
Ci casca. Mi immagino uno che dorme con un piede fuori e la scarpa slacciata che scivola via dal piede per poi volare via. Certo. Come no.
Magari è la scarpa di uno dei piloti di elicottero che monta i fili della luce e che casca proprio in autostrada dal cielo. Oppure il risultato di una lite tra marito e moglie durante un viaggio. Un matrimonio finito a scarpate. Una valigia aperta su un tettino. Un cadavere in un bagagliaio chiuso male. Un bambino rapito che lascia un segnale, come Pollicino e le sue briciole di pane.
Il mistero delle scarpe sull'asfalto è quanto di più incredibile possa esserci nel mondo moderno. Che, a seconda della soluzione che mi do, mi terrorizza, mi tranquillizza oppure mi lascia del tutto indifferente.