venerdì 11 aprile 2008

Allo specchio

Spesso accuso me stesso di non essere particolarmente portato all'ascolto. Eppure, mi dico, è una cosa importante. Una delle cose che può fare la differenza tra un uomo e un Uomo.
Diverse volte accuso me stesso, e me ne dolgo, di non provare curiosità per gli altri. Per i loro problemi, per le loro storie, per le loro idee. Eppure dovrebbe essere una priorità di chi, come me, vuole o vorrebbe fare questo mestiere. Capita, eccome se capita.
Poi si avverano occasioni in cui mi rendo conto che sono troppo duro con me stesso e, forse, troppo morbido nei confronti degli altri. Altalenando tra estremi opposti, insomma, mi barcameno in questi pensieri e in questi giudizi.
Immagino di avere la necessità di essere il più oggettivo possibile nel giudizio su me stesso. Altrimenti, si casca nel mero esercizio di autoesaltazione o di autopunimento. Estremi opposti, tra un Oscar Wilde e un Terenzio, un inutile oscillazione. So, però, che il giudizio oggettivo verso se stessi è umanamente impossibile. Definirei anzi i due termini, "giudizio" e "oggettivo" una sorta di ossimoro, due termini in conflitto tra loro.
Succedono cose, nella vita quotidiana, che ti portano a riflettere su te stesso. Nell'ultimo periodo penso di aver avuto una maturazione di non poco conto. Ho imparato, e nell'imparare stesso sta il valore dell'ascolto, ad aspettare un attimo prima di parlare. A ragionare: cioè, ad esercitare la ragione. Credo di riuscire, o almeno di impegnarmi a farlo, a dare un valore "netto" alle parole che mi vengono rivolte, cercando di scavare in esse, di visitarne il contesto. Certo, non sempre e non per tutti, e ci mancherebbe.
Quello che mi chiedo è: esiste un limite?
Anzi: esiste un "giusto" limite?
Anche in questo caso, penso che l'oggettività non esista. I limiti personali sono soggettivi per definizione, al pari delle risposte alle domande che indagano sul proprio io. Soggettivi e variabili, mutabili e cangianti, a seconda dei giorni, degli umori, delle certezze e dei dubbi che affollano la mente e la pancia via via che si cammina.
Interrogativi che rimangono e che, credo, rimarranno per sempre, fino all'ultimo minuto. Anche se, a dire il vero, un atteggiamento di questo genere può essere esclusivo, escluderti da certi giri di chi domande non se pone, mai.
Passare la vita a farsi domande è già un buon progetto di vita, in fondo.