venerdì 26 settembre 2008

Fannulloni eccellenti...

Pubblica Amministrazione
Eccellenze e fannulloni, le grandi battaglie del “mini-Ministro”
Firenze cinque volte nella lista dei “buoni” di Renato Brunetta. E i cattivi...

Di Gianni Somigli

Gestione della qualità all’ITI-IPIA Leonardo Da Vinci; progetto del Comune “Innovazione e modernizzazione”; progetto “Web DPC: un sistema di supply chain farmaceutico” dell’ASL 10 Firenze, a cui appartiene anche il progetto “Modernizzazione e innovazione della prevenzione veterinaria” e infine il portale web “LineaComune.it”.
Il nome di Firenze risuona ben cinque volte tra le prime duecento storie di eccellenza della Pubblica Amministrazione. Per cinque volte Firenze risponde “presente” all’appello fatto dal ministro Brunetta. Quello fatto dal registro dei buoni, non dalla lista nera dei fannulloni, di cui forse avrete sentito parlare nei mesi scorsi, nonostante le reti televisive abbiano quasi oscurato la notizia...
Lasciamo la satira a chi (secondo politici, giudici e Chiesa) la “può” (non necessariamente “sa”) fare, e parliamo di quello che il ministro per la Pubblica Amministrazione e Innovazione, Renato Brunetta, ha fatto negli ultimi mesi.
Già in quest’ultima frase c’è un forte elemento di novità, di quelli che senz’altro fanno salire le quotazioni di gradimento verso il “mini-Ministro”: il verbo “ha fatto”. Un verbo a cui gli italiani sono stati poco abituati, dicono in tanti analisti frequentatori dei salotti televisivi, e la differenza sta tutta lì. Un Governo che fa, un Governo che agisce, un Governo decisionista come il suo Capo: così si spiega l’apprezzamento, o presunto tale, verso l’Esecutivo.
Noi non frequentiamo neanche gli ingressi degli studi tv, figuriamoci i salotti. Ma troviamo semplicistico il ragionamento. Le conclusioni, scontate, ovvie, quantomeno affrettate. Un consenso creato per creare consenso.
È senz’altro vero che in uno strano Paese come il nostro, abituato alle paralisi istituzionali dovute alla litigiosità politica (intesa come “tra politici”, non con argomenti politici alla base), verbi come “agire” e “decidere” suonano nuovi e importanti. Sponsorizzati e venduti poi dall’Uomo del Fare, come solo il Presidente del Consiglio sa proporsi, ancora di più.
Ci ostentiamo a credere che agire sia importante, ma che rimanga una differenza essenziale, non da poco, tra “fare bene” e “fare male”. Dicono: lasciateci lavorare. A parte che tecnicamente non si avrebbero comunque strumenti per farli smettere, è giusto, ci chiediamo ingenuamente, fingere che questa sia la prima volta che “li lasciamo lavorare” e che sia quindi giusto fidarsi?
Ognuno darà le sue risposte, magari facendosi due conti in tasca prima di guardare Porta a Porta o un qualche telegiornale.
Un po’ per abitudine, un po’ per fiorentinità, siamo portati ad una certa diffidenza verso chi ci governa. Spesso, se non sempre.
Come porsi dunque verso il ministro Renato Brunetta e la sua battaglia contro i fannulloni ed a favore delle “pratiche di buon governo”?
Le voci a proposito sono tante: ci sono diverse persone che sostengono che, in fondo, non è cambiato proprio nulla. Ma c’è chi dice che la verità è un’altra. Che è cambiato tutto, che i “fannulloni” adesso lavorano, col mini-Ministro che sventola percentuali da capogiro sugli effetti delle sue circolari, quasi miracolosi nel debellare le malattie. «Sono il primo ministro con poteri taumaturgici» dichiarò il baldanzoso Brunetta in tv.
Ed è qui che semmai arriva l’inghippo.
Il ministro Brunetta ha fino ad ora saputo dove andare a colpire. Indubbiamente, ha saputo affrontare uno dei vulnus più vituperati dagli italiani: l’inefficienza delle Amministrazioni Pubbliche, un vulnus divenuto quasi luogo comune. Un farraginoso, vecchio gigante con cui tutti ci siamo scontrati e da cui, pressoché sempre, ne abbiamo buscate.
Non siamo in grado di sostenere che i provvedimenti brunettiani siano realmente taumaturgici, né che essi siano al contrario solo “spot” populisti i cui effetti non modificheranno il ventre molle dell’apparato statale.
Quello che è certo è che il professore Brunetta ha saputo impersonare un ruolo accattivante, svecchiando l’immagine di un sistema agonizzante, anche attraverso concorsi, vignette, battute. Un linguaggio popolare, un “antiburocratichese” per parlare di burocrazia. E nonostante non si possa dire (non ce ne voglia il mini-Ministro) che sia un bell’uomo, è indiscutibile che Brunetta in televisione ci sappia stare. Che sappia usare il mezzo, strizzare l’occhio al pubblico, accreditandosi come uno dalla sua parte che lotta per cambiare le cose.
Se sia un affabulatore o un modernizzatore reale, è troppo presto per dirlo. In questo caso crediamo sia giusto “lasciarlo lavorare”, lasciarlo “fare”, per poi giudicare (col voto) se ciò che è stato fatto, sia stato fatto bene o sia stato fatto male.
Siamo ormai un paese di disillusi: chissà in quale dei due casi rimarremmo più sorpresi.