giovedì 5 febbraio 2009

Fuori dal coro: contro la strage, fatti, non belle parole




Fa quasi tenerezza la mobilitazione generale seguita al drammatico incidente di via Pistoiese in cui si sono spezzate tre giovani vite. Attori, giornali, politici, proprietari di locali più o meno noti, radio, stilisti: una massiccia campagna di sensibilizzazione rivolta ai più giovani, simboleggiata da un nastro nero che ha fatto la sua comparsa su molte auto e al polso di tanti fiorentini.

Un coro di voci importanti, che cerca di trasmettere un messaggio importante. Ragazzi, non esagerate: se dovete guidare, non bevete. E giù, una gragnola di discorsi all’insegna della morale: «Zero alcol nei pub», dicono i gestori di pub. Ancor meglio: «Zero alcol ai minorenni», che la macchina non la guidano. «Alcol test»; «Pene più severe»... E via e via.

Paga la repressione, magari unita al proibizionismo? Se, nonostante le leggi nazionali e le norme locali, siamo a questo punto, forse no. Certo, il controllo del territorio è fondamentale, anche solo come deterrente. Ma non basta. È evidente che non basta, ed è altrettanto evidente che non si possono piazzare posti di blocco in ogni strada.
È un fatto di cultura, si sente dire: vero anche questo, ma non basta. Perché è ovvio che è così. Bene, è un fatto di cultura: e quindi? Come si fa per cambiarla, questa cultura? Ci si limita ad abbaiare o facciamo concretamente qualcosa che si più incisivo dei soliti appelli e manifesti che non guarda nessuno?

Giusto sensibilizzare. Giusto promuovere progetti e campagne. Giusto tutto quanto, e politicamente corretto oltre ogni limite. Ma ancora più giusto è fare, insieme al dire.Navette e servizi adeguati di notte; bonus in termini di quattrini; strade finalmente sicure, senza buche e rotonde killer. Quello che serve sono proposte concrete. Perché è con la concretezza che si salvano vite. Con le parole, spesso, si fa solo bella figura.