sabato 29 marzo 2008

La decenza ha un limite?

Va bene che, non troppo tempo fa, Silvio Berlusconi citava l'Elogio della Pazzia come uno dei testi fondanti della sua cultura, del suo carattere, della sua smisurata personalità. Va bene, certo, almeno fino al momento in cui si rimane nei limiti della decenza.
C'è qualcosa di comico, di profondamente comico, in quello che accade in Italia. Una comicità che un po' di anni addietro era ricalcata, dilatata, ma non storpiata, nei film con Totò, con Albertone, e compagnia.
Scritto da uno sceneggiatore di uno di quei film, o da un cabarettista, o perché no da un commediografo del grottesco e dell'assurdo, il copione della vita politica (ma non solo) italiana non potrebbe essere più delirante.
Da tre o quattro giorni, il Re del PDL è tornato a urlare ai brogli, che, si sa, sono prerogativa naturale e storicamente accertata della Sinistra e delle Sinistre. Ieri, l'ultimo straziante grido di allarme.
Tutto secondo le regole che da quindici anni siamo costretti a sorbire, se non che, proprio ieri, il colpo di scena: due presidenti di seggio, in Sicilia, a Palermo, arrestati per aver falsificato almeno (!) quattrocento schede in favore di una lista in appoggio al sindaco italoforzuto di Palermo, Cammarata.
Che dire: presidente Berlusconi, dovrebbe scegliere meglio i suoi seguaci. E' proprio lì che si annidano i peggiori comunisti, a quanto pare.
La domanda è: la decenza, ha un limite?
La risposta più evidente, ogni giorno più evidente, è no. Oppure sì, ma il limite si sta spingendo sempre più in là. E guardate che mica è facile. Ma è per questo che Dio ci ha spedito quaggiù il Re.
Se invece si volesse fare un discorso un po' serio ed approfondito, ci si dovrebbe chiedere: come mai nemmeno durante l'egemonia Dc i risultati elettorali in Sicilia avevano avuto esiti così clamorosi? Cappotto, tutti i seggi al Senato al Centrodestra. Una cosa mai vista. Mai vista perchè praticamente impossibile ma resa possibile da straordinarie forze non sovrannaturali quanto certamente sovralegali, diciamo.
Volendo fare un discorso un po' più serio, dovremmo chiederci: come mai non un giornalista, ieri, al grido di allarme di Berlusconi, ha risposto facendo notare che due dei suoi erano stati messi in manette esattamente per quel reato?
Il sonno della coscienza genera mostri, si sa; il dormiveglia dell'idiozia sarebbe ancora peggiore, se un comportamento del genere potesse essere ascritto all'ignoranza, all'incapacità, e così via. Invece no: c'è malafede, c'è strumentalità nelle domande non fatte, c'è collusione.
C'è volontà di far parte del gioco dei grandi, e di farne parte raccattando le briciole.
E' questo il senso dei cortei di giornalisti che seguono le corti. Una manica di accattoni, di morti di fame, magari con una buona penna. Avere una buona scrittura non significa essere un giornalista. Essere morti di fame non ti costringe a calarti le brache.
E non mi si venga a raccontare che è sempre stato così.
So anche io che il sistema funziona in questo modo. E che uno, da sè, non può far nulla. E allora? Questo esime dal provarci? Almeno dal provarci?
Il giornalista ha sì il dovere di raccontare. Anzi: quello è il dovere del cronista. Il giornalista dovrebbe avere, anzi deve, il compito sì di raccontare, ma la verità. Una cosa complicata, certo, eppure tanto semplice.
Perchè prima si deve avere la volontà di farlo.
Volontà.