Ognuno può fare quello che vuole. E su questo non ci piove. David Sassoli è liberissimo di candidarsi, o meglio, di essere candidato alle elezioni europee per il PD. Liberissimo. Capolista, poi: più che libero. Probabilmente è preparato e non stona. O comunque stona molto meno di altri.
Ognuno può fare quello che vuole, ci mancherebbe pure. Storicamente, la categoria "giornalisti" (un tempo si sarebbe potuto dire "intellettuali", parola in disuso per terminata attività probabilmente) ha sempre prestato importanti nomi alla politica. Senza scadere in seminari da due soldi, si potrebbe sostenere che il giornalismo italiano è di per sé politica. Ma questo discorso lo sanno anche i bambini dei manifesti dell'Udc, quindi lasciamo perdere.
Ognuno può fare quello che vuole, ma sinceramente, da giornalista (probabilmente da giornalista immaturo) credo che appiccicare la propria faccia a un simbolo di partito sia un errore. O meglio, una scelta, salvo il fatto che ognuno può fare quello che vuole, non condivisibile. E questa mia profondissima riflessione poggia sulla certezza che una scelta di questo tipo può, soprattutto nella società contemporanea, minare l'autorevolezza sia come politico, sia come giornalista. Sempre se a qualcuno gliene frega qualcosa di avere un'autorevolezza. Nondimeno, sempre se c'è qualcuno in grado di giudicare e definire qualcuno autorevole o meno.
Strumentalmente o no, facendo una scelta del genere, di "scendoincampiana" memoria, si rimette in discussione tutto ciò che si è fatto come giornalista fino a quel momento; ugualmente, si mette in discussione tutto ciò che si farà da quel momento in poi. Si presta il fianco, insomma, ad attacchi che con la politica non c'entrano nulla. E questo, in un Paese cristallino e intonso come il nostro, sarebbe sicuramente un vulnus inaccettabile.
Come successo con la Gruber, come successo con Vulpio, ora con Sassoli, si sente dire: "Visto? Quando si diceva che era una comunista, avevamo ragione noi!!!". E non sono scene belle. Anche perché, comunismo a parte, un po' c'hanno anche ragione. E dare ragione a uno come Gasparri è sicuramente una delle cose più brutte che può capitare nella vita.
Insomma, basta. Anche perché possono cadere miti. Riuscite ad immaginarvi, per esempio, se, che so, uno come Emilio Fede venisse candidato alle europee? Quanti sarebbero a dire, ingiustamente, che allora era vero, che era un po' berlusconiano?
Sia mai, e così sia.
mercoledì 29 aprile 2009
Men of Faith
lunedì 27 aprile 2009
Lasciate che i pargoli...
giovedì 23 aprile 2009
Cento di questi giorni
Quello che vedete in cima alla colonnina qui di fianco, a sinistra, e che certamente riconoscerete pur non avendo mai letto un libro o un giornale in vita vostra, è uno dei cosiddetti "padri nobili" del giornalismo italiano. Nella foto è insieme all'altro padre. Nobile pure lui. Poi dice che le coppie dello stesso non funzionano e non vanno riconosciute. Due padri maschi: la Chiesa direbbe che è per questo che il figlio, il giornalismo, non è uscito fuori tanto sano.
giovedì 16 aprile 2009
Tra informare e allarmare, c'è di mezzo il Sismologo de Noantri
martedì 14 aprile 2009
L'idiozia non è mai segreta
A parte gli aspetti tecnico-giuridici e le motivazioni costituzionali, c’è una questione politica che divide la Lega dal Pdl, quantomeno ad una parte del Pdl. Ne vogliamo parlare?
«Un attimo. Ci sono altri motivi che impediscono l’abbinamento. La segretezza del voto verrebbe meno. Se tu non hai intenzione di partecipare al referendum, non ti presenti al seggio. Ma se facciamo l’accorpamento, devi ritirare le schede per le Europee e le amministrative, e se non intendi votare per il referendum lo devi dire. Nel momento in cui fai questa dichiarazione al seggio, viene meno il segreto del voto. Questo è un ulteriore motivo di incostituzionalità [...]». (La Stampa di oggi, intervista di Amedeo La Mattina al ministro Calderoli)
Illuminante come sempre, il cosiddetto ministro Calderoli spiega e rilegge i principi costituzionali. Fatto, questo, che ci fa pure capire il motivo d'esistere, la ragion d'essere del suo Ministero: la Semplificazione legislativa.
Perché più semplificatorio di così non si può. Un giornalista avrebbe dovuto chiedere controbattere: "Scusi, signor ministro, ma cosa sta blaterando?". Perché questa è la funzione del giornalista. Non fare domande a caso e porgere il microfono (o il taccuino). Non nascondersi dietro una posticcia imparzialità. Non scrivere e poi lasciare che sia il lettore a capire dove stanno le stronzate e dove no.
Un giornalista non può permettere che un ministro, soprattutto un ministro, sostenga una nefandezza come questa. La segretezza del voto è inviolabile. Ma la segretezza riguarda il contenuto del voto: per un partito o per un altro, per un sì o per uno. Non l'andare a votare o meno. Se uno a votare ci va o no, lo si vede dal registro che ha ogni seggio elettorale e che viene fornito dal Ministero dell'Interno per tramite dell'anagrafe. Quel registro su cui si firma una volta votato.
Se venisse fatto come si spera l'election day, uno può tranquillamente andare e prendere solo le schede per le amministritive e le europee. In quei registri firmerà. Si può sottrarre al referendum, invece: in quel registro non firmerà. Ovviamente, la disquisizione padanofilosofica sulla segretezza del voto è un'emerita stronzata volontaria.
Il mestiere di giornalista teoricamente dovrebbe smascherarla e impedire che qualcuno la prenda per buona. Perché può capitare. Ce lo insegna la storia, e la stessa presenza del ministro Calderoli.